La merenda |
Anche la preparazione di questa avventura rassomigliava alla preparazione di un matrimonio. Lista degli invitati, cosa mi metto?, a che ora partiamo? hai preso tutto? quante macchine e con chi vado?
Nella realtà abbiamo percorso 69 chilometri per assistere a uno spettacolo che in un qualche modo ci ha cambiati, in meglio. Il mondo dei balocchi verso il quale ci siamo diretti ha alimentato le nostre fantasie per un mese buono. L'attesa è stata ricca di supposizioni e di chissàcomesarà essere lì a sentire Saviano e Fazio, dal vero.
È stato molto di più di quello che io mi aspettassi. Le regole ferree per la sicurezza nostra e del giornalista minacciato, la quantità di forze dell'ordine in borghese, le pistole e distintivi luccicanti nel sole torinese, la maestosità umile di uno spazio ricco di storia... sono solo alcune immagini che mi porto in tasca.
Mi hanno colpito le cose tecniche. Dai signori delle luci appolaiati su un traliccio all'omino della steadycam a dieci centimetri da me, dall'assistente di studio che urlava minutaggi quasi fosse un generale allo sguardo preoccupato degli autori che sgranavano rosari quasi fossero credenti.
Le emozioni ho cercato di tenerle nella borsa, in custodia temporanea dalla Barbie guardarobiera.
Sapevo che tutto quello che c'era lì mi avrebbe scompigliato i villi intestinali, così ho cercato di fare finta di nulla... il risultato è stato compiere azioni poco signorili.
Michele Serra viene verso il tavolo dove con alcune delle mie compagne di sorte prendiamo l'aperitivo più costoso della storia, manco fossimo in piazza San Marco e sgranando gli occhi inizio a fissarlo. Inizio a dire a ripetizione:"C'è Michele Serra". Lui legge il labiale, scuote un po' la testa e entra nell'area riservata alla stampa.
Passiamo il metal detector in attesa che il resto della nostra truppa arrivi, ovviamente intruppata nel traffico. Da lì in poi non si può più tornare indietro. Così inizia il vai e vieni delle pipì scortate (letteralmente) verso i bagni, attraversano una meravigliosa mostra sui nostri 150 anni.
Poi la porta dello studio si apre e in 500 si entra. Bello, bello non per la tecnologia o la scenografia, bello perché mi sono immaginata i treni in riparazione, ho immaginato l'odore del metallo e del lubrificante, ho immaginato il signor Gianni che dice "al va o al va nen" (va o non va, riferito al treno da aggiustare), mi sono immaginata tante cose che valevano già il viaggio.
Davanti a me l'Omino dei Cantieri corre verso un omone alto. ?. Si gira e mi fa: è il Grame. Inizio a correre tipo Forrest Gump verso l'entrata artisti. Io al Grame ci voglio parlare. È alto, è altissimo, troppo alto, tanto che, come negli ultimi metri prima del passaggio del testimone alle olimpiadi, sfioro a malapena una sua spalla e gli dico Grazie, lui si gira e mi sorride scappando tra i bodyguard.
Mi sono sentita come una bambina con l'album di figurine da completare. Puntando il dito con estrema maleducazione, ho fatto l'appello di quei piccoli grandi personaggi che mi hanno fatta crescere. Serra, De Luca, Rossi, Travaglio, Lerner, i Litfiba... e poi ancora tra il pubblico altre facce che per me voglio dire molto.
S'accendono modestamente i riflettori. Perché a Torino il mood è modestia, discrezione e concretezza.
Le emozioni, ciò che ho sentito me le tengo ancora un po' per me, perché qualcosa mi si è mosso dentro e devo lavorarci.
E la merenda? Ogni viaggiatore ha ricevuto un sacchettino trasudante di pasta frolla. La ricetta è sempre la solita con l'aggiunta per i fiorellini di scorza di limone e succo, mentre per i quadrotti di gocce di cioccolato.
Quattro biscotti che fanno pasto.
Noi della bassa un po' campagnola siamo previdenti... sai mai che laggiù non ci sia niente da mangiare.
Quello che ho sono amici veri, tante cose da mettere su carta e una gran voglia di prendere esempio.
Quello che non ho è di farla franca, quello che non ho è quel che non mi manca...
Quello che ho è una gran Moglie... vi pare poco?
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