mercoledì 4 luglio 2012

Pollo, ananas e riso venere, incursione salata parte 1

Un pizzico di romanticismo
C'è un castello vicino a casa mia. C'è un tenutario affascinante che sfama i locali. Andando a cena da lui, nella sua locanda dal sapore prettamente risaiolo, ho affinato il mio gusto per certe pietanze e come si evincerà da questo post, ho tratto ispirazione a mani basse. Si potrebbe parlare di furto di ricetta: riesco ad autoscagionarmi per l'aggiunta del pollo ma l'idea arriva da Oryza, a loro tutto il merito.
Mentre cucinavo per chiunque, sfornando dolci dolci e qualcosa di salato, mi sono resa conto che culinariamente parlando ho riservato bene poca attenzione al mio Benjamin Malausséne (l'Omino dei Cantieri). Lui corre e su e giù per corridoi e autostrade, lui gestisce le tormente emozionali prodotte dai suoi vicini di autoclave, lui rimedia per quel che può, lui ingoia rospi per mestiere: e io?
Ben poco. Così, in preda al senso di colpa matrimoniale decido che quella sera lì, avrebbe avuto il suo piatto. Sono mancate le bollicine ma fa uguale.
Siamo una coppia da tantissimo tempo, abbiamo superato guadi e ponti precari, abbiamo combattuto draghi e sciolto incantesimi e siamo ancora qui. A volte traballanti ma ancora in piedi.
E cosa fare per dire a quell'uomo che ci sono, che brontolo ma lo amo pazzamente? Il mood degli ultimi mesi mi ha portato ai fornelli. E così cena romantica per due, nella mia fantasia.
Cosa ci serve? 120gr di riso venere, 200 gr pollo, 230 gr di ananas a fette (in scatola al naturale), 10 gr di pinoli, mezzo gambo di sedano, olio extra vergine, salsa di soia, sale.
Una wok o una padella capiente, una pentola per bollire il riso, un piatto per ospitare pollo e ananas, tagliere e coltellochetaglia.
Qui il coltello è davvero importate, deve tagliare per davvero. Ricordate, fa più dita mozze un coltello mal affilato che una genetica maldestraggine.
Voglio essere onesta, ho usato il riso Gallo. Me ne vergogno ma quello c'era. Pentola con abbondante acqua salata, 15 min di cottura dopo la ripresa del bollore e ci si toglie il pensiero. In una wok ho messo a scaldare l'olio, nel frattempo ho tagliato a dadini il pollo e l'ho tuffato nella pentola per sigillarlo. Dopo un minuto di cottura a fiamma altissima, l'ho abbassata e ho messo l'ananas tagliato anch'esso a pezzettini. Ho aggiunto il sale. Dopo sette minuti ho rialzato la fiamma, ho messo una generosa quantità di salsa di soia e ho aspettato qualche secondo perché rapprendesse la bagna. Ho tolto tutto dal fuoco accomodando pollo e ananas in un piatto. Il bello di queste preparazioni è che non è necessario utilizzare 20 pentole: ne basta una. Passo sotto l'acqua la wok, l'asciugo con la carta assorbente e la rimetto sul fuoco altissimo per far tostare i pinoli. In essi si potrebbe nascondere un velenoso inquilino e una tostatura veloce scongiura un mal di pancia. A questo punto il riso dovrebbe essere quasi cotto. Una volta scolato lo si unisce al pollo, ai pinoli e al sedano tagliato a pezzettini piccoli. Un cucchiaio di olio perché non si ammappi e una volta raggiunta la temperatura ambiente si mette tutto in frigorifero per qualche ora. Questo piatto si esprime al meglio freddo. Anche se assaggiando qua e là durante la preparazione vi renderete conto che è magnifico a qualunque grado celsius!
Come ho scritto questa non è una mia geniale intuizione. È frutto della sapienza e della cura che lo staff di un ristorante mette a disposizione dei propri clienti ogni giorno. Da massaia copiona ho deciso di rivisitarla a modo mio, creando  un piatto unico che risolve qualunque serata o qualunque pranzo del giorno dopo.

Malausséne arriva a casa stanco e umidiccio. Sbircia sul piano di lavoro e vede solo dolci. Gironzola per casa ma trova cibo per altri. E la cena? Apre il frigorifero e in un angolo ritrova il sorriso. 
Quei colori lì li conosce bene. Sono anni che ci raccontiamo che prima o poi avremmo rubato l'idea al Tenutario del Castello. Beh, sono arrivata prima io. Mentre lui, affaticato come un mulo sugli impervi sentieri nepalesi, si dirige verso uno iodico pediluvio, la sottoscritta prepara il tavolo.
Niente candele, niente fiori, noi (lui) non siamo quel genere di coppia lì. Siamo (lui) sul genere Sparta.
Squilla il suo telefono più volte, lavoro, problemi e racconto degli stessi. Il mio piano per una serata romantica è andato a carte quarantotto in dieci minuti. Fa uguale: noi donne di Sparta siamo abituate. Sullo sfondo un cleenex accoglie una mitigata accondiscendenza.


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